Collaboratori sportivi: le ultime sentenze della Cassazione

Numerose sentenze della Corte di Cassazione riguardanti i collaboratori sportivi hanno ribadito un concetto che rischia di mettere in crisi gli enti sportivi dilettantistici.

I giudici della suprema Corte hanno sancito che la prestazione sportiva dilettantistica è soggetta al versamento dei contributi previdenziali nel caso in cui il collaboratore sportivo dilettantistico svolga la propria attività con carattere continuativo ed abituale, ossia in modo professionale.

Vediamo quali sono le motivazioni della Corte e le conseguenze per gli enti sportivi.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Il rinomato regime di favore previsto dall’art.67 co.1 lettera m) TUIR, comunemente detto  “compenso sportivo”,  ha subito molte estensioni negli anni.

Riporto solo le più importanti:

  • il tetto di non imponibilità è stato innalzato da 7.000 a 10.000 euro;
  • sono state incluse, oltre all’attività sportiva, quella didattica (anche non funzionale alle competizioni sportive) e le collaborazioni di carattere amministrativo-gestionale.

Tali modifiche hanno comportato l’accesso all’agevolazione contributiva di quelle situazioni che per durata e caratteristiche potrebbero configurare una prestazione lavorativa tradizionale.

Per porre un freno a questa deriva, la Corte di Cassazione punta a restringere l’ambito di decontribuzione dei compensi sportivi.

 

I principi sanciti dalla Corte di Cassazione

In primo luogo la Corte chiarisce il concetto di prestazione sportiva dilettantistica inquadrata come attività a carattere ludico, a differenza di quella svolta nell’ambito di una prestazione a carattere lavorativo.

Inoltre ribadisce che, per poter avere le agevolazioni dettate dall’art. 67 comma 1 lett. m) e dell’art. 69 comma 2 TUIR, le associazioni e società sportive dilettantistiche nell’ambito dell’attività sportiva di formazione, didattica, preparazione e agonistica devono dimostrare:

  • di essere iscritte al CONI;
  • di svolgere attività senza scopo di lucro e operare secondo statuto;
  • che le prestazioni sono rese nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche;
  • che non risultano attività svolte in relazione a prestazioni di lavoro autonomo, dipendente o coordinato e continuativo o comunque con carattere di professionalità.

La natura dilettantistica dell’ente sportivo dilettantistico

Per le ASD e SSD dimostrare la propria natura dilettantistica significa:

  • avere uno statuto conforme alla disciplina sportiva, civilistica e fiscale ed essere affiliate ad una Federazione sportiva, disciplina associata o ente di promozione sportiva riconosciuta dal CONI;
  • svolgere in maniera concreta e operativa l’attività sportiva senza il fine di lucro;
  • provare che il collaboratore presta l’attività sportiva in maniera non professionale e che l’attività sportiva dilettantistica sia resa “in ragione del vincolo associativo esistente tra il prestatore e l’associazione o società dilettantistica, restando esclusa la possibilità che si tratti di prestazioni collegate all’assunzione di un distinto obbligo personale”.

 

Collaboratori sportivi: le conseguenze per gli enti sportivi dilettantistici

L’orientamento della Corte di Cassazione porterà inevitabilmente gli enti sportivi dilettantistici a dover rivedere l’organizzazione e gestione dei propri collaboratori sportivi.

Basti pensare che le ASD e SSD che non dovessero dimostrare la natura dilettantistica e non professionale della collaborazione:

  • non potranno beneficiare dell’agevolazione rappresentata dall’art. 67 comma 1 lett. m) e dell’art. 69 comma 2 TUIR;
  • saranno obbligate a versare i contributi previdenziali INPS ex ENPALS relativamente ai collaboratori sportivi impiegati.

Analizzando le sentenze si comprende che la Corte di Cassazione è in piena sintonia con i principi della riforma del lavoro sportivo di cui al  D.Lgs 36/2021  il quale prevede un limite netto tra il lavoro sportivo e l’area ludica-volontaristica ridefinita nelle prestazioni  dell’amatore sportivo.

Ma il D.Lgs 36/2021 non è entrato nel merito uniformando la prestazione sportiva dilettantistica.

Ad oggi, infatti, non è chiaro quando una prestazione sportiva possa essere qualificata come lavorativa oppure amatoriale.

Questa mancanza legislativa “impone” alla magistratura il compito di inquadrare di volta in volta la collaborazione sportiva come attività lavorativa o amatoriale.

A questo punto, quindi, è necessario un intervento da parte del legislatore per chiarire l’inquadramento della collaborazione sportiva attraverso una revisione del testo legislativo.

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