La somministrazione di alimenti e bevande

La somministrazione di alimenti e bevande può essere svolta da tutte le associazioni. È un’attività che favorisce l’aggregazione dei propri soci attraverso il dialogo e il confronto, nonché una fonte importante di finanziamento per le altre attività realizzate dall’associazione.

Le disposizioni di legge da seguire sono contenute nell’art.4 del  D.P.R. 633/1972  e negli artt. 143 e 148 del  TUIR.  Quest’ultimo articolo, al comma 5 sancisce che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande non è considerata commerciale quando l’attività:

  • viene realizzata da un ente di promozione sociale nazionale o da un’associazione affiliata ad uno degli enti di promozione sociale nazionali riconosciuti dal Ministero degli Interni;
  • si svolge nella sede dell’associazione dove si realizzano le attività istituzionali;
  • è secondaria, marginale e complementare a quelle istituzionali;
  • è rivolta esclusivamente ai propri soci e ai soci dell’eventuale associazione nazionale di riferimento.

Per le associazioni non affiliate ad uno degli Enti di Promozione Sociale nazionali riconosciuti dal Ministero degli Interni, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande è considerata commerciale, con tutte le conseguenze amministrative e fiscali che questo comporta.

Questo principio è stato chiarito dalla  circolare del Ministero delle Finanze n.124 del 12/05/1998  (per maggiori dettagli sull’attività istituzionale e quella commerciale leggi questo  articolo).

 

Cosa si intende per somministrazione di alimenti e bevande?

Attività di somministrazione significa che l’associazione fornisce ai soci bevande (bar) e alimenti.

Per cessione di alimenti si intende il riscaldamento di cibi precotti (per esempio i panini e tramezzini già confezionati o le paste ricevute quotidianamente dalla pasticceria di fiducia).

Quindi non ci deve essere manipolazione dei prodotti alimentari (come preparare il panino o cuocere qualcosa).

L’attività di manipolazione e somministrazione di pasti (ristoranti e mense) è soggetta ad autorizzazioni specifiche.

Inoltre la somministrazione dei pasti è considerata dalla normativa fiscale attività commerciale (art.148 comma 4 TUIR), anche se svolta nei confronti dei propri soci.

Infine se l’attività di somministrazione e’ affidata in gestione a terzi (cioè gestita da un socio in maniera professionale), quest’ultimo deve:

  • avere i requisiti professionali richiesti dalle normative;
  • creare un’impresa commerciale con tutti gli adempimenti che ciò comporta (partita IVA, registratore fiscale, ecc.).

 

Quali autorizzazioni bisogna richiedere?

Il  D.P.R. 235/2001  ha fatto chiarezza sulle autorizzazioni necessarie alle associazioni per poter effettuare la somministrazione di alimenti e bevande ai propri soci e ha identificato due tipi di circoli/associazioni: quelli affiliati a enti nazionali di promozione sociale e quelli non affiliati.

 

Associazioni affiliate a ente nazionale di promozione sociale

L’associazione presenta al proprio Comune la segnalazione certificata di inizio attività o SCIA (art.19 Legge 241/1990).

A sua volta il Comune la trasmetterà per conoscenza alla Azienda Sanitaria Locale competente per il parere necessario al rilascio dell’autorizzazione di idoneità sanitaria.

Nella denuncia il legale rappresentante dichiara una serie di informazioni previste dall’art.2 comma 2  D.P.R. 235/2001  e che l’associazione si trova nelle condizioni previste dall’articolo 148, commi 3, 5 e 8, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

Alla denuncia sono allegate:

  • copia semplice dell’atto costitutivo o dello statuto,
  • la planimetria dei locali corredata di relazione tecnica,
  • l’autocertificazione antimafia e l’assenza di condanne ostative.

Se l’attività di somministrazione è affidata in gestione a terzi, quest’ultimo deve avere i requisiti professionali richiesti dalle normative e deve creare un’impresa commerciale con tutti gli adempimenti che ciò comporta (partita IVA, registratore fiscale, ecc.).

 

Associazioni non affiliate a ente nazionale di promozione sociale

Le associazioni non affiliate ad un ente nazionale di promozione sociale le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno che vogliono intraprendere un’attività di somministrazione di alimenti e bevande devono presentare al proprio Comune la domanda di autorizzazione, in base a quanto previsto dall’art.3  D.P.R. 235/2001.

Nella domanda l’associazione deve dichiarare di possedere le caratteristiche di ente non commerciale, ai sensi degli articoli 148 e 149 del testo unico delle imposte sui redditi.

Alla domanda sono allegate:

  • copia semplice dell’atto costitutivo o dello statuto,
  • la planimetria dei locali corredata di relazione tecnica.

Il Comune, ai fini del rilascio dell’autorizzazione, fa riferimento alle autorizzazioni previste per i pubblici esercizi.

La domanda si considera accolta qualora non sia comunicato il diniego entro 45 giorni dalla sua presentazione.

Dal punto di vista fiscale, l’attività di somministrazione è ritenuta commerciale, anche se il bar è gestito dai soci senza compenso e l’ingresso è riservato ai soci.

In questo caso però l’autorizzazione per la somministrazione di alimenti e bevande consente di fare anche la somministrazione dei pasti.

Se l’attività di somministrazione è affidata in gestione a terzi, quest’ultimo deve avere i requisiti descritti nel capitolo precedente.

 

L’autorizzazione igienico sanitaria

In entrambi i casi sopra elencati, il locale dove si svolge l’attività di somministrazione alimenti e bevande deve avere le caratteristiche previste dal  D.P.R. 327/1980  e dai regolamenti comunali vigenti.

L’autorizzazione si richiede al proprio Comune, allegando la planimetria dei locali e una relazione tecnica redatta da un tecnico competente.

 

La normativa HACCP

In entrambi i casi sopra elencati, il rappresentante legale dell’associazione è obbligato a controllare il processo di lavorazione, individuando e valutando i punti critici per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti, l’igienicità degli ambienti, delle attrezzature e delle metodologie di lavoro.

In parole povere l’associazione deve essere in grado di dimostrare (con documenti scritti) che controlla periodicamente i prodotti, la salubrità dei locali e la pulizia delle attrezzature.

Inoltre gli addetti al servizio somministrazione devono:

  • seguire un apposito corso di formazione e possedere un attestato di conferma (da ripetersi ogni 3 anni),
  • indossare adeguata divisa e copricapo.

Vuoi saperne di più su questo argomento? Vuoi sottoporci un caso specifico?  Scrivici.

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