Centro Heta: lavorare guardando lontano

Heta

Voglio iniziare il 2017 con il piede giusto, con una nuova intervista ad una delle tante associazioni nostre clienti: il Centro Heta.

Come ho già fatto in passato con ASC Jesi,  Alterego  e  NavigAncona  (giusto per citare le più recenti), voglio continuare a dare voce a chi lavora “in prima linea” e sgobba per costruire qualcosa di positivo per gli altri.

Oggi vi presento  l’Associazione Heta-Fida Ancona e Perugia.

Lo faccio parlando con la presidente  Giuliana Capannelli  e con  Federico Paino,  responsabile organizzativo, di cui tornaconto&c. è partner.

Giuliana e Federico sono tipi tosti, mi ricordano un treno in piena corsa: parlano di mille progetti, si accavallano, si confrontano, si guardano e si capiscono in un secondo.

 

Raccontatemi la vostra associazione

L’associazione HETA, Centro Multidisciplinare per il Disagio Psichico e i Disturbi Alimentari, è nata nel 2011, raccogliendo l’eredità di quindici anni di lavoro nell’ambito dei DCA.

L’associazione è formata da professionisti ed è membro fondatore di  FIDA – Federazione Italiana Disturbi Alimentari.

Da una parte Heta si occupa del trattamento dei Disturbi Alimentari, con l’attivazione di percorsi terapeutici psicologici, nutrizionali, laboratoriali all’interno del Centro stesso e in collaborazione con altri operatori del settore sul territorio regionale e nazionale.

In particolare, con la Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Salesi e Fanpia Onlus collaboriamo alla gestione del Centro Oltre, servizio per adolescenti e genitori di cui Giuliana Capannelli è referente clinico.

D’altra parte interveniamo nel campo del disagio psichico in senso più ampio possibile, in tutte le forme in cui può manifestarsi.

Inoltre promuoviamo studi, progetti, ricerche, convegni, incontri, campagne di sensibilizzazione, attività di formazione per operatori e interventi di prevenzione presso scuole, servizi sanitari e Comuni.

Nei precedenti due anni, le attività di prevenzione sono confluite nel progetto Eat me: piano di sensibilizzazione e formazione costruito intorno a un omonimo documentario.

Nella persona della Presidente, sediamo al Tavolo tecnico della Regione Marche sui DCA, istituito in ottemperanza alla Delibera 247/2015, emessa grazie all’impegno dei genitori di Oltre.

 

Io vi ho conosciuto proprio grazie al vostro progetto Eat Me

Il progetto  Eat Me  è il nome che abbiamo dato a un insieme di iniziative di sensibilizzazione e prevenzione, gravitanti attorno alla realizzazione di un documentario work-in-progress.

Nel documentario i registi R. Lagattolla e F. Biagianti hanno seguito due anni di percorso di due ragazze seguite dal Centro Oltre.

Eat Me comprende proiezioni del docufilm, dibattiti, incontri nelle scuole e iniziative di formazione.

È un progetto che abbiamo iniziato con entusiasmo, senza renderci conto della fatica immane che avrebbe richiesto. Ma poi, guardandoci indietro, ci sentiamo orgogliosi dei risultati.

Dalla proiezione nel 2015 a Cinematica Festival, abbiamo organizzato più di 40 tra incontri nelle scuole, dibattiti di approfondimento e giornate di studio.

L’edizione 2017 di Cinematica accoglierà anche la prima anconetana della versione definitiva del documentario.

 

Perché avete deciso di impegnarvi in un’associazione?

Perché l’approccio d iHeta al disagio psichico è un po’ diverso dal solito.

A partire da un’ottica psicoanalitica lacaniana, lavoriamo sulla messa a punto di protocolli di intervento innovativi costruiti sulle peculiarità dei casi specifici e su una visione che ponga al centro il sintomo come espressione soggettiva che è possibile ascoltare, non come “malattia” esclusivamente da eliminare e correggere.

 

Quali sono le sfide maggiori che avete incontrato o che vi ritrovate ad affrontare più spesso?

La sfida maggiore è sicuramente la sostenibilità dell’associazione.

Senza fondi naturalmente i nostri sforzi non produrrebbero risultati significativi.

Ecco perché abbiamo deciso di avvalerci dell’esperienza di tornaconto&c. per trovare bandi e finanziamenti.

Le associazioni in generale sono un anello di congiunzione fondamentale tra le Istituzioni e i cittadini: ascoltano i bisogni delle persone, elaborano e propongono soluzioni, intervengono a sostegno degli individui e delle comunità laddove lo Stato è carente o assente.

Se non ci fossero le associazioni, chi svolgerebbe questo lavoro, spesso non remunerativo per un privato?

Heta per esempio fornisce supporto e servizi applicando tariffe agevolate per le persone in situazione di difficoltà sociale.

Poi collabora con le Istituzioni pubbliche ed i servizi privati per cercare una via di uscita alle persone che ci chiedono aiuto. Questo è il nostro obiettivo.

 

Ditemi una cosa negativa ma anche una positiva del mondo dell’associazionismo

Quella negativa è sicuramente la burocrazia. A volte impieghiamo più tempo a compilare carte che a lavorare concretamente per realizzare un progetto.

Di positivo, ci sono la condivisione e i risultati di un lavoro continuativo che dà molte soddisfazioni.

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