Il punto ristoro dell’associazione sportiva dilettantistica

Il punto ristoro (o bar sociale) è un’attività importante per molti enti non profit perché:

  • favorisce l’aggregazione dei soci e tesserati;
  • rappresenta una fonte di finanziamento delle attività realizzate dall’associazione in attuazione dello scopo sociale.

Va tenuto presente però che questo tipo di attività, se svolta nell’ambito di una associazione sportiva dilettantistica (ASD) o di una società sportiva dilettantistica (SSD), rappresenta un’attività commerciale.

Vediamo in breve quali norme regolano il punto ristoro della ASD o SSD, se ci sono eccezioni alla regola e le eventuali alternative.

 

La normativa sul punto ristoro delle ASD e SSD

La  circolare n.18/E del 01/08/2018  dell’Agenzia delle Entrate stabilisce che: “l’attività di somministrazione di alimenti o bevande resa in locali interni all’associazione o società sportiva dilettantistica senza fini di lucro, anche se svolta nei confronti dei propri soci o associati, deve in ogni caso considerarsi esclusa dalla decommercializzazione di cui all’articolo 148, comma 3, del TUIR. I proventi di tale attività potranno eventualmente, in alternativa alla tassazione secondo le regole generali, essere assoggettati ad imposizione secondo il regime forfetario di cui alla legge n.398 del 1991”.

Detto in parole più chiare: la  somministrazione di alimenti e bevande  per le ASD e SSD è attività commerciale, anche se svolta nei confronti dei soci o tesserati.

Di conseguenza i proventi del punto ristoro devo essere assoggettati ad IVA e IRES.

 

L’eccezione alla regola

In base all’art.25 della L.133/1999 è possibile, in maniera occasionale, erogare la somministrazione di alimenti e bevande, in occasione di manifestazioni sportive o raccolte fondi per un numero di eventi non superiore a 2 e per importi complessivamente incassati non superiori a 51.645,69 euro.

Tali incassi sono considerati non commerciali ai fini delle imposte sui redditi, mentre restano imponibili ai fini IVA.

 

L’associazione sportiva dilettantistica di promozione sociale

Qualora la ASD assumesse anche la qualifica di associazione di promozione sociale (APS) diventando una  associazione sportiva dilettantistica di promozione sociale,  potrebbe beneficiare della de-commercializzazione dei corrispettivi derivanti dalla somministrazione di alimenti e bevande.

Infatti per le associazioni affiliate ad enti nazionali (FSN, EPS, DSA e reti associative di promozione sociale) che hanno ottenuto il riconoscimento del Ministero dell’Interno ai sensi dell’articolo 3, comma 6, lettera e) della Legge n.287 del 25/08/1991: “Non si considerano commerciali, anche se effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, la somministrazione di alimenti e bevande effettuata, presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale, da bar ed esercizi similari, sempre che le predette attività siano diretta attuazione degli scopi istituzionali…“.

In questo caso l’ASD non sarebbe obbligata ad aprire la partita IVA, ma l’attività del punto ristoro:

  • sarebbe limitata alla somministrazione ai soli soci e tesserati del circolo (o ai tesserati della medesima organizzazione nazionale);
  • dovrebbe essere secondaria e strumentale all’attività istituzionale.

Attenzione all’attività di ristorazione, la quale resta sempre attività commerciale.

 

Il compenso del personale addetto al punto ristoro

Un’altra questione delicata da affrontare è il compenso da corrispondere alle persone che prestano il proprio tempo per la gestione del punto ristoro.

Nel caso di specie, ovvero del punto ristoro di ASD o SSD, non è possibile ricompensarle attraverso i compensi sportivi poiché non rientrano nei casi stabiliti dall’art.67 co.1 lettera m) del  TUIR.

Vuoi maggiori informazioni su questo argomento? Vuoi sottoporci un caso specifico?  Scrivici.

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