La responsabilità dei soci nell’amministrazione

Abbiamo già trattato questo tema, ma per aiutarvi a comprendere meglio la materia, pubblichiamo l’approfondimento di  Daniele Valeri,  avvocato esperto di enti non commerciali e nostro collaboratore.


Dovendo parlare di responsabilità dei soci nell’amministrazione di un associazione, non possiamo che partire dal chiarire il concetto di autonomia dell’associazione rispetto al patrimonio dei soci che ne fanno parte e la costituiscono.

L’associazione è una struttura giuridica che alcune persone costruiscono con varie finalità.

Questa struttura giuridica può o meno essere autonoma e separata rispetto ai soci che la costruiscono.

L’autonomia è quindi un concetto fondamentale e consiste nella possibilità o meno di tenere distinto il patrimonio dell’associazione da quello degli associati.

Per inciso chiariamo che affronteremo il tema della responsabilità dell’associazione e dei soci verso terze persone cioè verso quelle persone con le quali l’associazione intraprenderà rapporti contrattuali a seconda delle varie esigenze che si presentano.

Non prendiamo in esame il tema dei rapporti interni tra gli associati in quanto di regola trova soluzione nello statuto, che disciplina la vita interna dell’associazione.

In tema di rapporti con i terzi dobbiamo distinguere due tipi di associazione:

  • quella riconosciuta, che gode di autonomia patrimoniale piena e perfetta;
  • quella non riconosciuta ove l’autonomia è imperfetta.

Su questo punto rimando alla lettura di un precedente  articolo  che spiega bene la differenza.

 

Responsabilità degli amministratori: chi risponde se l’associazione non adempie ai proprio obblighi?

In via generale  l’art.38 del Codice civile  dispone che i creditori dell’ente o dell’associazione non possono far valere i propri diritti sul patrimonio dei singoli associati, dovendo soddisfarsi sul fondo comune.

Ma se così fosse in assoluto l’autonomia patrimoniale sarebbe perfetta ed invece non lo è per le associazioni non riconosciute, che di fatto sono la maggioranza in Italia.

Infatti il precitato art. 38 cod. civ. dispone anche che se l’associazione non riconosciuta non adempie alle proprie obbligazioni per queste rispondono anche, personalmente e solidalmente, coloro che hanno agito in nome e per conto dell’ente.

In tal senso la Cassazione Civile  (Cass. Civ. sez. III, 12 gennaio 2005 n.455)  ha da tempo sottolineato la ricorrenza di tale regola.

 

Rispondono solo gli amministratori dell’ente o anche i semplici associati?

Per rispondere alla domanda dobbiamo ricordare qualche precedente ed in particolare, da ultimo, Cass. Civ., Sez. III, 18188/2014 che ha escluso il collegamento della responsabilità con la carica.

Come a dire che risponde solidalmente con l’associazione chi ha agito in nome e per conto della medesima, anche se si tratti di un semplice associato.

Questa responsabilità personale e solidale di colui che ha agito in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta è collegata non alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, ma all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa e i terzi (Cass. 20 luglio 1998 n. 7111 e 21 maggio 1998 n. 5089).

In soldoni significa che non si guarda tanto alla carica ricoperta dall’associato, che potrebbe anche non rivestirne, bensì al fatto se l’associato ha o meno concluso il contratto o compiuto atti che hanno poi impegnato l’associazione; in tal senso si impegna egli stesso.

In questo caso l’obbligazione di colui che ha agito per l’associazione ha natura solidale e quindi il creditore può chiedere il pagamento indifferentemente all’uno (l’associato) o all’altra (l’associazione).

Per logica conseguenza di quanto detto la responsabilità non grava su tutti coloro che, essendo successivamente a capo dell’associazione, ne assumono la rappresentanza, ma riguarda le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, a tutela dei terzi che con esse siano venuti in rapporto negoziale, facendo affidamento sulla loro solvibilità e sul loro patrimonio personale.

Sicché il semplice avvicendamento nelle cariche sociali non comporta alcun fenomeno di successione del debito in capo al soggetto subentrante  (Cass. 7 aprile 1992 n.4266).

Corrispondentemente la detta responsabilità permane in capo a chi ha agito anche dopo la perdita del potere di rappresentanza, onde il presidente di un’associazione non riconosciuta è passivamente legittimato all’azione del creditore anche dopo la cessazione dalla carica, con riguardo alle obbligazioni che risalgano al periodo in cui ha esercitato le funzioni di presidente (Cass. 29 dicembre 1976 n. 4747).

Per fare un esempio affinché il tutto sia più chiaro possiamo dire che per quanto riguarda la responsabilità per la ritardata restituzione dell’immobile locato rende inevitabile che l’allora rappresentante dell’associazione che ha concluso il contratto risponderà, personalmente e solidalmente, verso i creditori, dell’inadempimento dell’obbligo e quindi del pregiudizio economico ai medesimi derivatone.

Daniele Valeri

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