Avvocato di strada: il diritto parte dal basso

Oggi voglio presentarvi un’associazione, forse sconosciuta ai più ma da anni presente in tutto il territorio nazionale e dal 2007 anche ad Ancona:  Avvocato di strada.

L’associazione si occupa della tutela legale gratuita delle persone senza dimora ed io l’ho conosciuta grazie a Daniele Valeri,  avvocato esperto di enti non commerciali e nostro collaboratore.

 

Daniele perché ti sei impegnato in Avvocato di strada?

Per tanti anni, prima del 2007, mi sono dedicato al volontariato, anche all’estero.

Poi ad un certo punto ho pensato che potevo mettere la mia professione al servizio dei più poveri di tutti, mi sentivo vicino a questa problematica.

Se mi chiedi perché potrei dirti che sono convinto che un paese può dirsi civile solamente se garantisce uguali diritti a tutti, il che significa che anche i più poveri hanno uguali diritti ed uguali trattamenti.

Una bella dichiarazione, ma vuota se questo concretamente non si realizza.

Vorrei quindi che la risposta che renderò alla domanda iniziale fosse meno ideale e più pratica, che possa rendere la cruda realtà della vita di tutti i giorni.

La realtà è meno idilliaca della dichiarazione di intento che abbiamo citato e che troviamo sostanzialmente riportata nella nostra bella costituzione.

La realtà è spesso segnata da tanti distinguo.

L’associazione nasce per promuovere l’attività di assistenza legale gratuita a persone senza dimora, che vivono in strada o nei dormitori, in ogni eventuale controversia giudiziaria ed anche stragiudiziale; perché il poter difendere i propri diritti è già vederli riconosciuti.

 

Fammi un esempio, raccontami una storia

Marco (il nome è di fantasia) è del 1931, all’inizio di questa storia ha 78 anni, invalido civile.

Fino all’aprile 2009 vive tranquillo in un piccolo paese vicino ad Ancona, dorme all’interno di un automobile di sua proprietà con la quale all’occorrenza si sposta; ciò fino a quando l’auto non si è guastata.

Marco non ha possibilità di riparare quella vecchia auto e così quell’auto diventa una casa fissa.

Dentro è piena di maglie ed altri vestiti che la gente che vive negli appartamenti circostanti gli porta o è il frutto di sue raccolte ossessive.

Marco zoppica, cammina con un bastone; il suo stato fisico, la sua età, la piacevole affabilità fanno si che con il tempo si costituisca un vero e proprio comitato di quartiere che lo aiuta.

Anche l’amministrazione comunale più volte si dichiara disponibile ad aiutarlo e sembra orientata a contribuire al suo invio presso una struttura per anziani annunciando la possibilità di sostenere la parte di retta eccedente la pensione di Marco.

Questa ipotesi non si concretizza e per tre anni Marco continua a vivere in strada in un bel quartiere, il farmacista gli fornisce le medicine, si lava nel bagno del vicino bar e così via d’estate e in inverno.

Ad un certo punto l’amministrazione chiede alle associazioni di volontariato di fare in modo che Marco lasci la sua postazione.

Le associazioni si mobilitano per convincerlo ad accettare di trasferirsi, ma in realtà un vero progetto da parte del Comune non c’è; o meglio per certo c’è che la presenza di Marco in strada non sarà più tollerata.

Le associazioni chiedono un incontro con gli amministratori locali; a questo incontro il comitato invita a partecipare l’associazione Avvocato di strada.

Nel corso della riunione si formulano alcune proposte ma, colpito dal tono perentorio degli amministratori, l’avvocato chiede di conoscere se Marco sia o meno iscritto nelle liste dei residenti nel Comune, ben sapendo che ogni possibile intervento di aiuto potesse passare solamente attraverso il requisito della residenza.

Si chiede di iscrivere Marco nelle liste dei residenti del Comune e a questo punto la sorpresa: il Comune dichiara espressamente che la persona non sarà iscritta e che anzi deve lasciare il Comune.

L’avvocato di strada non venne più ricevuto, nonostante reiterate richieste.

A quel punto Marco viene accompagnato a formalizzare la domanda di residenza, ma l’Ufficio Anagrafe resiste e non riceve la domanda, quindi l’istanza viene spedita a mezzo lettera raccomandata.

L’istanza è chiara, Marco precisa di essere persona senza fissa dimora e pertanto, in ragione della normativa vigente, chiede di essere iscritto nel registro anagrafico della popolazione residente, precisando che il recapito, come espressamente previsto dalla legge, poteva essere costituito da un recapito convenzionale posto anche presso la Casa Comunale, la c.d “via fittizia”.

In seguito a tale richiesta, veniva riferito verbalmente che la domanda non sarebbe mai stata accolta ed anzi che Marco doveva allontanarsi dal medesimo Comune.

L’amministrazione notifica a Marco un verbale di sanzione amministrativa (€ 300,00) per aver violato un Ordinanza Sindacale emanata in quei giorni e nota come “ordinanza anti bivacco” in quanto “occupava continuamente il suolo pubblico con il veicolo di proprietà … utilizzandolo come luogo di dimora… al sig. Marco viene dato avviso che il veicolo sarà rimosso d’ufficio laddove non provveda direttamente”.

Nel frattempo il Comune richiede l’intervento della Questura per l’emanazione di un foglio di via e a questo punto la strada è segnata.

Per proteggere Marco le associazioni del luogo affittano un carro attrezzi e spostano la sua auto nel piazzale privato di un’associazione.

Intanto l’avvocato deposita un ricorso di urgenza in Tribunale affinché venga ordinato al Comune il rilascio della residenza.

Il Tribunale accoglie la richiesta e dichiara che il soggetto ha residenza presso il parcheggio dell’associazione ove è stata collocata l’auto; successivamente il Giudice di Pace revocherà anche la sanzione amministrativa.

Il cammino di Marco finalmente diventa più semplice: è residente, può avere una carta d’identità e con essa tutta una serie di diritti, l’assistenza sociale, il diritto di voto, l’assistenza sanitaria e così di seguito.

Senza quell’iscrizione quell’uomo era di fatto inesistente.

Oggi Marco sta bene e vive in una casetta messa a disposizione da un munifico proprietario che gratuitamente lo lascerà vivere lì, fino alla fine dei suoi giorni…il privato sopra il pubblico.

 

Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’avvocato di strada, giusto?

Si è così. Il diritto è stato riconosciuto.

Avvocato di strada c’è per questo e per tutti i Marco che senza un aiuto gratuito non potrebbero vedere riconosciuti i propri diritti.

Ad oggi lo  sportello di Ancona  dell’Associazione Avvocato di Strada ha ricevuto oltre trecento persone e si avvale della collaborazione di sette avvocati.

In tutta Italia sono circa tremila le pratiche aperte ogni anno.

Questi numeri danno l’idea di quanto bisogno c’è di un’associazione come questa.

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