La somministrazione dei pasti (ristorazione)

L’attività di somministrazione dei pasti (o ristorazione) è un fronte molto delicato e dibattuto sul quale si concentrano molti accertamenti fiscali (ne parleremo dettagliatamente durante il  seminario gratuito sui controlli fiscali).

Chiariamo subito una volta per tutte che la somministrazione di alimenti e bevande è una cosa diversa dalla somministrazione dei pasti.

Avevamo già esaminato la  somministrazione di alimenti e bevande  in precedenza. Qui ci limitiamo a ricordare che per cessione alimenti si intende il riscaldamento di cibi precotti.

La somministrazione di pasti invece è la manipolazione dei cibi, i quali con la cottura mutano le proprie caratteristiche.

Di seguito la chiameremo ristorazione per facilità di comprensione.

Dal punto di vista fiscale le due attività sono considerate in maniera opposta.

La somministrazione di bevande e cibi precotti è un’attività che nella maggior parte dei casi è ritenuta non commerciale.

Invece la ristorazione è sempre ritenuta commerciale  (TUIR art.148 co.4),  anche nel caso in cui sia rivolta esclusivamente ai soci.

 

Da dove si parte per svolgere l’attività di ristorazione?

Il primo passo è dotarsi di tutte le autorizzazioni pubbliche per lo svolgimento della pratica di ristorazione: autorizzazione igienico-sanitaria, attrezzature idonee, HACCP, ecc.

Per far questo è consigliabile rivolgersi ad un professionista.

Dal punto di vista fiscale non è necessario aprire la partita IVA se l’attività di ristorazione è svolta in maniera occasionale, cioè in maniera sporadica, non abituale e senza una specifica organizzazione.

Dal momento che non abbiamo una normativa fiscale che ci quantifichi la parola “occasionale”, per non avere contestazioni consigliamo di non superare i limiti imposti dalla  L.133/1999 art.25 co.2:

  • al massimo due eventi all’anno,
  • importo complessivo annuo dei proventi non superiore a € 51.645,69.

Se l’attività di ristorazione non rientra nei parametri sopra riportati l’associazione deve aprire la partita IVA e osservare le regole previste dalla normativa per quanto riguarda l’aspetto contabile e fiscale.

 

In conclusione

I controlli fiscali si concentrano sull’attività complessivamente svolta dall’ente, valutando se le “altre attività” non istituzionali, per la loro natura e per le modalità di esercizio, snaturano le finalità istituzionali per le quali l’ente stesso si è costituito.

Considerata la delicatezza dell’argomento ristorazione bisogna valutare e scegliere attentamente la direzione da seguire.

Per farlo è importante ricordare che l’attività di ristorazione deve essere sempre di supporto al raggiungimento dello scopo sociale previsto dallo statuto; sia in caso di attività commerciale occasionale che in caso di attività commerciale continuativa.

Vuoi maggiori informazioni su questo argomento? Vuoi sottoporci un caso specifico?  Scrivici.

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