In dieci anni è raddoppiato il numero sia delle imprese sociali italiane che dei loro dipendenti.
Fra il 2003 ed il 2012:
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le imprese sociali sono passate da 8.500 a circa 17.600 unità;
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gli addetti del settore hanno superato le 400.000 unità.
E anche se per il 2014 il saldo occupazionale è previsto in calo (-0.8%) resta migliore rispetto alle aspettative del complesso dell’imprenditoria italiana (-1.5%).
Lo rivela una indagine sul settore presentata da Claudio Gagliardi, segretario generale di Unioncamere nel corso delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile, promosse dall’Aiccon – l’Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit.
L’indagine riporta che le figure più ricercate sono quelle con professionalità molto precise (intellettuali, scientifiche e tecniche) e in generale con un elevato livello di istruzione e di esperienza.
Altra particolarità degna di nota: per la grande maggioranza delle assunzioni i due generi sono ritenuti indifferenti e quando viene effettuata una scelta vengono nettamente preferite le donne (24%) agli uomini (6%).
Gagliardi aggiunge che “Le imprese sociali si confermano un soggetto di assoluto rilievo nel tessuto produttivo del nostro Paese. Perché costituiscono un modello di impresa che crea maggiore occupazione e produce innovazione sociale. Un modello che dimostra di saper combinare la crescita economica con il benessere sociale, attraverso una sempre stretta integrazione tra imprese “non profit” e imprese “profit”. Ma questa ‘ibridazione’ ha bisogno anche di luoghi istituzionali che contribuiscano a favorirla e rafforzarla nelle realtà territoriali.”
Resta incerto lo sviluppo del Terzo Settore
Condividiamo l’analisi del dott.Gagliardi, ma in tempi di crisi e tagli come questi resta molto incerto lo sviluppo del Terzo Settore.
Dal punto di vista legislativo
C’è il disegno di legge delega sulla riforma del Terzo Settore che è arrivato in Parlamento ad agosto e bisognerà vedere come ne uscirà.
Inoltre siamo ancora orfani dell’Agenzia per il Terzo Settore che è stata abolita nel 2012 (con la logica dei tagli alle spese).
Quindi non esiste un luogo istituzionale dove lo Stato e il mondo del non profit si confrontano e sono chiamati a costruire sinergie.
Dal punto di vista economico
I tagli governativi ai fondi degli Enti locali e ai fondi sociali effettuati negli ultimi anni hanno inciso pesantemente sui contributi degli Enti locali a favore dell’associazionismo e delle imprese sociali per i servizi offerti (sociali, assistenziali, educativi, di integrazione culturale, ecc.).
C’è poi da analizzare il testo della legge di stabilità firmata da Napolitano pochi giorni fa (tagli agli Enti pubblici, Irap, Iva, incentivi all’occupazione, ecc.) e da valutare l’impatto che la manovra avrà sul mondo del non profit (sulla legge di stabilità pubblicheremo presto una analisi dettagliata).
Senza una visione complessiva ed un piano strategico di sviluppo, rischiamo che le enormi potenzialità che ha il Terzo Settore in termini di crescita e sostegno alle politiche sociali e culturali restino inespresse o che vengano addirittura ridimensionate.
Lavoro dentro e a fianco del mondo no profit da oltre 25 anni. Ho fondato e amministrato organizzazioni attive in campo sociale e culturale. Il mio obiettivo è aiutare le associazioni a lavorare meglio, a crescere in modo sostenibile e vantaggioso.