Di associazioni, politica, terremoto e futuro

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Sabato scorso ho tenuto il  seminario sulla progettazione per le associazioni  a Fiuminata.

Era l’ultimo di questa prima parte dell’anno ed è stato molto impegnativo.

Hanno partecipato una decina di associazioni, non molte in verità. In compenso le domande e le riflessioni che sono nate prima-durante-dopo il seminario sono state davvero notevoli.

È emerso in maniera chiara che non importa quanto piccole siano le associazioni, sono le persone a fare la differenza.

Dirigenti e volontari: sono loro a definire una visione, tracciare un percorso, fissare obiettivi e lavorare duramente per raggiungerli.

Alcuni dirigenti vivono questa circostanza in maniera problematica perché non hanno gli strumenti per interpretare i cambiamenti del mondo attorno né per attrarre nuovi volontari.

Altri invece percepiscono che se ne esce solo facendo rete, tra le associazioni, le istituzioni e il mondo profit.

 

L’unione fa la forza

Le piccole organizzazioni non profit, a differenza di quelle medio-grandi, hanno più difficoltà a:

  • reperire informazioni,
  • formare i propri dirigenti e volontari,
  • trovare fonti di finanziamento,
  • avere punti di riferimento esperti ai quali affidarsi con tranquillità.

Per questo motivo ho creato  tornaconto&c.  Perché sono convinta che tutte le associazioni devono avere le stesse possibilità di partenza, l’accesso alle informazioni e alla formazione.

Questo non vuol dire che le piccole associazioni hanno il destino segnato, tutt’altro!

Vuol dire che devono entrare in partita e giocarsela al meglio.

Non possono stare sugli spalti a guardare, lamentandosi perché i giocatori in campo sono più bravi/più grandi/hanno più mezzi/hanno amici illustri (potrei elencare altri 10 motivi).

Devono imparare a costruire relazioni: tra associazioni, organi istituzionali e soggetti profit.

Cominciare ad elaborare, proporre soluzioni e collaborazioni, fare massa critica per essere incisivi con le istituzioni.

Per le piccole associazioni questa è una grande sfida, un cambiamento epocale.

Si passa dallo stare sugli spalti aspettando il contributo annuale del Comune di turno (che prima o poi cesserà di arrivare) ad essere giocatori protagonisti del cambiamento, assumendosi anche la responsabilità delle azioni proposte.

Il lavoro da fare è imponente, ma non c’è scelta: le associazioni che non affronteranno questa sfida resteranno poco incisive e saranno destinate ad un lento declino.

 

Associazioni, politica e terremoto

Il bello di questo seminario è che hanno partecipato anche amministratori pubblici e pro-loco.

Anche loro hanno preso parte alle riflessioni che scaturivano, portando il proprio punto di vista.

In maniera spontanea è nata quasi un’assemblea in cui ci si confrontava sulle urgenze del territorio, sul ruolo della politica e del Terzo Settore. Su questo tema i punti di vista divergevano molto.

Da un lato chi sosteneva che gli enti pubblici devono fungere da coordinatori e facilitatori dei lavori delle associazioni, dando loro obiettivi specifici.

Dall’altro chi sosteneva che deve essere il Terzo Settore a raccogliere istanze, tradurle in idee e costruirci intorno un progetto di sviluppo da proporre alle istituzioni.

Dove sta la verità? Nel mezzo? Forse. Penso che anche in questo caso a fare la differenza siano le persone.

Un cambiamento può iniziare ovunque, basta ci sia qualcuno con:

  • le idee chiare sul bisogno da gestire,
  • una proposta di soluzione,
  • la voglia di migliorare la propria comunità (e assumersi la responsabilità delle proprie azioni),
  • la volontà di costruire una rete e lavorare con altri attori (singoli, non profit, profit, istituzioni, ecc.).

Inevitabilmente è emerso anche il tema del terremoto: i ritardi nella ricostruzione, la burocrazia, i progetti approvati, iniziati e cessati anzitempo in maniera tragica per colpa del sisma.

 

I volontari, questi sconosciuti

Per ultimo è uscito il problema n.2 nella top ten dei problemi: la mancanza di volontari (il n.1 è la mancanza di soldi, confermi?).

Poche persone che fanno tante cose, fino a che mollano tutto per sfinimento o per anzianità.

Un problema che la progettazione può aiutare a risolvere, ma non da sola.

Anche in questo contesto bisogna imparare a comunicare chi siamo, la nostra visione, le nostre attività ed i traguardi raggiunti.

Serve intessere relazioni (ecco di nuovo le reti) con scuole e centri di aggregazione (fisici e online).

Serve apertura mentale, ascolto dell’altro, costruzione di spazi/eventi nuovi per dare risposte ai bisogni dei volontari.

È un lavoro poderoso, lungo e intenso che darà i suoi frutti nel medio/lungo periodo, ma bisogna iniziarlo!

Ringrazio tutti i partecipanti per essersi messi in gioco e avermi donato questa giornata ricca di spunti di riflessione.

Spero che il seminario li abbia aiutati a capire che la strada della progettazione non è troppo ripida per le piccole associazioni!

Ringrazio ancora, di cuore, le associazioni e gli Enti locali che hanno collaborato all’organizzazione di questa giornata:

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