Rosa:
Durante l’emergenza sanitaria possiamo usare la cucina del centro sociale per preparare cibo da asporto da vendere ai nostri soci?
La cucina è a norma di legge.
tornaconto&c. risponde:
Ad oggi, stante la normativa vigente, le sconsigliamo di vendere cibo da asporto.
È vero che il DPCM 26 aprile 2020 ha consentito l’attività di ristorazione da asporto.
Ma a monte la normativa che regolamenta la somministrazione di alimenti e bevande da parte dei circoli privati stabilisce chiaramente che l’attività deve essere svolta presso la sede istituzionale dell’ente.
Dal punto di vista civilistico
In particolare le segnaliamo il DPR n.235/2001, che regolamenta il rilascio dell’autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande richiesta dai circoli privati.
L’art.2 c.1 del suddetto Decreto stabilisce che “Le associazioni e i circoli, di cui all’art.111, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, aderenti ad enti o organizzazioni nazionali le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno, che intendono svolgere direttamente attività di somministrazione di alimenti e bevande a favore dei rispettivi associati presso la sede ove sono svolte le attività istituzionali, presentano al Comune, nel cui territorio esercita l’attività, che la comunica per conoscenza alla competente ASL per il parere necessario all’eventuale rilascio dell’autorizzazione di idoneità sanitaria, una denuncia di inizio attività ai sensi dell’art.19 Legge 241/1990 e successive modificazioni.”
Dal punto di vista fiscale
Affrontando la questione dal punto di vista fiscale, l’attività di somministrazione di alimenti e bevande da parte dei circoli privati deve essere complementare alle attività istituzionali.
Inoltre la somministrazione pasti è sempre considerata attività commerciale, anche quando è svolta esclusivamente nei confronti degli associati.
Quindi:
- necessita il possesso di partita IVA da parte dell’ente che la esercita;
- deve rimanere secondaria e strumentale rispetto all’attività di interesse generale (cioè l’attività istituzionale).
Quest’ultimo aspetto non va sottovalutato, considerato che al momento in cui scriviamo le attività sociali, culturali, ludiche e ricreative tipiche degli enti non profit sono sospese a causa dell’emergenza sanitaria.
Infine, l’attività di somministrazione è soggetta ai limiti previsti dalle norme in materia di sorvegliabilità (DM 564/1992), quindi non può essere pubblicizzata.
A questo quadro normativo vanno poi aggiunte eventuali ordinanze specifiche regionali e comunali.
Vuoi farci anche tu una domanda? Scrivici.