Comitato o Associazione? Un problema risolto

La settimana scorsa ho parlato con un gruppo di persone molto attive nella salvaguardia dell’ambiente che mi hanno chiesto aiuto per costituire un comitato.

Il loro obiettivo principale è proteggere, ristrutturare e restituire alla collettività una struttura abbandonata, inserita in un bellissimo parco regionale.

Pensavano quindi che la forma del comitato fosse quella più idonea allo scopo.

Chiacchierando insieme però, sono emersi molti progetti che avevano in mente di realizzare, anche successivamente alla ristrutturazione dell’edificio.

In base alla mia esperienza, la forma del comitato non mi sembrava quella più adatta a loro.

Spesso si tende ad assimilarla all’associazione ma in realtà sono realtà distinte, con obiettivi e caratteristiche sostanziali molto diverse.

Sono entrambe forme di organizzazione, quindi non esiste una migliore o peggiore in assoluto. Il confronto va fatto in base agli obiettivi che il gruppo vuole raggiungere.

 

L’analisi

Ho messo a confronto la forma del comitato con quella che a mio parere era più idonea allo scopo, ossia l’associazione di promozione sociale (APS) ed ho cominciato a spiegare ai miei amici i pro e i contro di entrambe in base alle attività che loro vorrebbero attuare.

Il comitato si costituisce per la realizzazione e il sostegno di un’iniziativa precisa, uno scopo determinato e non generico o plurimo come invece potrebbe essere quello di un’associazione. L’obiettivo specifico potrebbe essere la ristrutturazione di un bene pubblico (come in questo caso), la promozione di una idea o di un disegno di legge, la tutela dell’ambiente o del paesaggio, un comitato di protesta, ecc. Ne deriva che una volta raggiunto lo scopo per cui si è costituito, il comitato si dovrebbe sciogliere.

L’APS invece può avere più scopi statutari generici, come per esempio lo sviluppo culturale cittadino, l’integrazione sociale, la conservazione di tradizioni locali e folkloristiche, la ricreazione e il benessere comune. Tutti scopi che non contengono in sé un termine definito.

Dal punto di vista operativo comitato e APS hanno la stessa struttura (presidente, consiglio direttivo e assemblea dei soci) e gli stessi obblighi di rendicontazione (verbali e rendiconti annuali).

Nel comitato tutti i componenti rispondono solidalmente e personalmente delle obbligazioni assunte per il conseguimento dello scopo. Vuol dire che un fornitore può fare rivalsa sia sui beni posseduti dal comitato sia sui beni personali di ogni singolo componente del comitato stesso.

Nell’APS invece la responsabilità ricade solo sul presidente e sul consiglio direttivo. Quindi il fornitore deve fare rivalsa in primo luogo sui beni dell’associazione e se questi non fossero sufficienti può fare rivalsa sui beni personali delle persone che hanno contratto l’obbligazione (presidente e consiglieri appunto).

Il comitato non può svolgere attività a pagamento nei confronti dei suoi soci, attività invece consentita all’APS.

Infine, sia il comitato che l’APS possono svolgere attività commerciali marginali per la realizzazione dei propri scopi sociali.

Attenzione però: ricordiamoci sempre che per realizzare attività commerciali bisogna rispondere a requisiti ben precisi (vedi  l’articolo  pubblicato sul tema).

 

Com’è finita?

Prima di decidere che casa costruire bisogna capire quale soddisfa meglio le nostre esigenze in base alle attività che progettiamo di realizzare e agli obiettivi che abbiamo.

Ho messo sul tavolo pro e contro e ne abbiamo parlato insieme.

I miei amici hanno scelto l’APS, per diversi motivi:

  • in linea di massima fornisce tutele maggiori dal punto di vista legale (responsabilità limitata al gruppo dirigente);
  • prevede la realizzazione di più scopi associativi (in queso caso: ristrutturazione, gestione, guide, eventi, promozione del territorio, ecc.);

  • prevede la possibilità di erogare eventuali compensi ai soci per specifiche attività.

Infine c’è un altro aspetto esterno da tenere in considerazione: la  riforma del terzo settore  attualmente al vaglio del Parlamento.

Molto probabilmente rivedrà in maniera sostanziale l’attuale disciplina dell’impresa sociale, verosimilmente rendendola più accessibile ed ampliando i settori di azione.

Ciò vuol dire che per una APS in teoria potrebbe essere più agevole trasformarsi in impresa sociale rispetto ad un comitato.

E questo sarà un vantaggio per i miei amici: se riusciranno nei loro intenti, un domani potrebbero decidere di ampliare ulteriormente la gamma di attività e servizi offerti trasformandosi in impresa sociale.

In fondo, una cosa che proprio non manca al no profit è l’immaginazione.

Germana Pietrani Sgalla

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