Linee guida per la valutazione dell’impatto sociale

Il 12 settembre scorso sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le  linee guida  per la valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del Terzo Settore (ETS).

Si tratta di un altro tassello della riforma del Terzo Settore nato dal lavoro collettivo svolto dal Ministero delle Politiche Sociali, da esperti del Terzo Settore e dai membri del  Consiglio Nazionale del Terzo Settore.

Vediamo insieme di che si tratta.

In fondo all’articolo ho riportato le mie riflessioni sulle linee guida ed ho spiegato perché la valutazione dell’impatto sociale è importante anche per gli enti che non sono obbligati a redigerla.

 

Cos’è la valutazione dell’impatto sociale (VIS)?

La VIS è la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli effetti delle attività svolte sulla comunità di riferimento (utenti, collettività, soci, ecc.) e dell’azione sociale svolta dall’ente attraverso le attività di interesse generale che ha realizzato.

Vuol dire valutare:

  • il raggiungimento degli obiettivi programmati dall’ente del Terzo Settore;
  • l’impatto sociale sui soggetti interessati dalle attività svolte.

Lo spiega in maniera ancora più efficace  Paolo Venturi,  che ha concretamente collaborato alla scrittura delle linee guida: “uno strumento utile per tutti a distinguere le buone intenzioni dalle buone azioni”.

In questo quadro le linee guida servono a fornire indicazioni di massima per aiutare gli enti del Terzo Settore a compilare la VIS.

Le linee guida sono uno “strumento sperimentale di valutazione”, cioè la loro adozione non è obbligatoria, ma fortemente consigliata.

 

A cosa serve la valutazione dell’impatto sociale?

La valutazione dell’impatto sociale serve a:

  • rilevare e misurare i cambiamenti sociali prodotti concretamente dall’ente;
  • misurare la sostenibilità della sua azione sociale, in base alle risorse impiegate ed ai risultati raggiunti;
  • migliorare l’attrattività dell’ente nei confronti dei finanziatori esterni;
  • analizzare l’efficacia delle attività svolte con lo scopo di migliorare l’organizzazione e la gestione del lavoro all’interno dell’ente.

 

Chi è tenuto a farla?

Per ora non c’è un vero e proprio obbligo ad effettuare la valutazione dell’impatto sociale.

Ma in realtà alcune Pubbliche Amministrazioni ed alcuni enti finanziatori nazionali ed internazionali la richiedono già.

Questo perché vogliono valutare l’efficacia delle politiche pubbliche adottate e/o del contributo erogato.

Le linee guida dispongono che “le pubbliche amministrazioni, nell’ambito di procedure di affidamento di servizi di interesse generale, possono prevedere la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale da parte degli ETS che intrattengono rapporti con le medesime PP.AA, sì da consentire una valutazione dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni e delle attività svolte”.

Inoltre suggeriscono di chiedere una valutazione dell’impatto sociale per interventi/attività:

  • di media/lunga durata (non inferiore a 18 mesi);
  • di entità economica superiore a 1 milione di euro;
  • sviluppati in ambito interregionale, nazionale o internazionale.

Quindi, in base alla logica delle linee guida, la richiesta della valutazione dell’impatto sociale avrebbe senso per attività di dimensione complessiva rilevante.

Però ribadisco che le linee guida non sono vincolanti, quindi non si può escludere che le Pubbliche Amministrazioni decidano di richiedere la VIS anche per affidamenti di servizi più contenuti.

Aggiungo che la VIS è un’attività strategica anche per gli enti di piccole/medie dimensioni (spiego perché nel capitolo delle conclusioni).

Segnalo infine che “laddove prevista, i costi della VIS devono essere proporzionati al valore dell’intervento e devono essere inclusi nei costi complessivi finanziati” .

 

Le organizzazioni internazionali

Gli ETS che operano in contesti internazionali (per esempio le ONG) e che sono tenuti ad adottare sistemi di valutazione condivisi in tali ambiti, non dovranno produrre una nuova valutazione dell’impatto sociale secondo le prescrizioni delle linee guida.

Secondo il decreto infatti, i sistemi di valutazione internazionali adottati sono in tutto equiparabili a quelli prescritti dalle linee guida.

 

Come bisogna effettuare la valutazione dell’impatto sociale?

Esistono diversi metodi di misurazione dell’impatto sociale, ma è fondamentale adottare quello più adatto alla tipologia di progetti svolti e/o al settore d’intervento.

Per questo motivo le linee guida lasciano liberi gli ETS di scegliere il metodo che ritengono più efficace.

Tuttavia le linee guida elencano i principi di riferimento e gli elementi dell’analisi da applicare, per cercare di rendere il più possibile omogenee le valutazioni dell’impatto sociale degli ETS.

I principi minimi da adottare sono:

  • intenzionalità,
  • rilevanza,
  • affidabilità,
  • misurabilità,
  • comparabilità,
  • trasparenza e comunicazione.

Gli elementi che devono essere presi in considerazione nell’analisi sono:

  • partecipazione,
  • attività,
  • servizi,
  • progetti,
  • input,
  • output,
  • outcome.

Il processo per arrivare a misurare l’impatto sociale dovrà prevedere le seguenti fasi:

  • analisi del contesto e dei bisogni partecipata dagli  stakeholders;
  • pianificazione degli obiettivi di impatto;
  • analisi delle attività e scelta di metodologia, strumento, tempistica della misurazione rispetto agli obiettivi prefissati e alle caratteristiche dell’intervento;
  • valutazione dei risultati conseguiti dal processo di misurazione;
  • comunicazione degli esiti della valutazione.

Per la descrizione di ogni singolo punto rimando alla lettura delle linee guida (sono poche pagine e scritte in maniera abbastanza comprensibile).

Infine, per la redazione della valutazione dell’impatto sociale gli enti possono chiedere supporto ai CSV e alle  reti associative.

 

La trasparenza

Le linee guida sanciscono l’obbligo dell’ETS di dare massima diffusione alla VIS, pubblicandola sul proprio sito web o su quello della rete associativa di appartenenza.

La valutazione dell’impatto sociale si affianca al  bilancio sociale  e agli altri strumenti di rendicontazione volti a rendere sempre più  trasparente  l’operato degli enti del Terzo Settore.

In particolare nei confronti di tutti coloro che, direttamente o indirettamente o anche solo potenzialmente, sono “coinvolti” nell’azione sociale.

Per fare degli esempi: associati, volontari, lavoratori, utenti, cittadini, finanziatori, enti pubblici, ecc.

Insomma tutti coloro che, in qualche modo, possono svolgere un ruolo nel valutare la “dimensione sociale” dell’ente e orientare, di conseguenza, anche le proprie scelte.

 

In conclusione

Uno dei benefici delle linee guida sulla VIS è che quest’ultima può essere integrata al bilancio sociale, laddove vengono richieste le informazioni qualitative e quantitative:

  • sulle azioni realizzate nelle diverse aree di attività;
  • sui beneficiari diretti e indiretti;
  • sugli output risultanti dalle attività poste in essere;
  • sugli effetti prodotti sui principali portatori di interesse (per quanto sia possibile misurarli).

A parte questo indubbio beneficio, le linee guida hanno aggiunto ben poco di nuovo rispetto a quanto dettava il buon senso.

Forse non avrebbe potuto essere altrimenti, poiché le attività realizzate dagli enti del Terzo Settore sono talmente tante e varie che sarebbe stato arduo fissare un metodo di valutazione uguale per tutti.

La VIS sembrerà uno strumento astruso e lontano dalla realtà degli enti di piccole/medie dimensioni.

In parte è vero ed è per questo motivo che le linee guida la raccomandano solo per gli interventi di alto livello o di territorialità vasta.

Ma d’altra parte conoscere le linee guida e capire a cosa serve la VIS è utile anche agli enti che nono sono tenuti a redigerla.

Tutti gli enti del Terzo Settore infatti, devono imparare a rendere conto di ciò che realizzano, delle risorse impiegate e dei cambiamenti che producono nella propria comunità di riferimento.

È grazie a questa “rendicontazione” che si rafforza la relazione tra l’ente ed i portatori di interesse (donatori, volontari, aspiranti volontari/associati, beneficiari delle attività, enti finanziatori, ecc.).

La valutazione dell’impatto sociale serve proprio a questo, oltre che ad indicare all’ente quali settori/attività vanno migliorati.

Ecco quindi che la logica che sta alla base della valutazione dell’impatto sociale deve diventare patrimonio comune a tutti gli enti del Terzo Settore.

Germana Pietrani Sgalla

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