Le associazioni di promozione sociale dopo la riforma

Il  Codice del Terzo Settore  (CTS) riserva una particolare attenzione ad alcune tipologie di Enti del Terzo Settore: le associazioni di promozione sociale (APS) e le organizzazioni di volontariato (OdV).

Oggi approfondirò le norme che il Codice fissa per le associazioni di promozione sociale. Prossima settimana descriverò quelle per le organizzazioni di volontariato.

 

Premessa

Come sappiamo il CTS ha abrogato le leggi di riferimento delle APS  (L.383/2000)  e delle OdV  (L.266/1991),  anche se tali norme resteranno in vigore fino all’operatività del  Registro Unico Nazionale del Terzo Settore  (RUNTS).

Quindi se un’associazione vorrà mantenere la qualifica di APS o OdV dovrà necessariamente iscriversi al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Altrimenti diventerà un’associazione generica, perdendo molte agevolazioni di cui gode oggi (ne abbiamo elencate alcune in  questa risposta).

I dirigenti di APS e OdV devono essere consapevoli di questa importante novità e devono valutare attentamente:

  • cosa sia più opportuno fare, in base alla specificità del proprio ente e alle attività svolte;
  • decidere se e come adeguare lo statuto del proprio ente al Codice del Terzo Settore.

Non sarà semplice decidere perché spesso gli enti non profit svolgono attività diverse, sia culturali che sportive, oppure hanno una sezione ONLUS. Quindi utilizzano norme e agevolazioni diverse per ognuna di queste attività.

Per questo è fondamentale informarsi e chiedere supporto a consulenti esperti di Terzo Settore (se avete bisogno di una mano  scriveteci).

 

Le associazioni di promozione sociale: chi sono?

È doveroso sottolineare che il Codice del Terzo Settore ha ripreso ampiamente i contenuti delle norme previgenti, ma ha introdotto alcune novità importanti.

Ai sensi dell’art.35 CTS le associazioni di promozione sociale:

  • sono Enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta;
  • sono costituite da un numero non inferiore a sette persone fisiche o a tre associazioni di promozione sociale. Le APS possono prevedere l’ammissione come associati di altri Enti del Terzo Settore o senza scopo di lucro, a condizione che il loro numero non sia superiore al 50% del numero delle associazioni di promozione sociale.

La denominazione sociale dell’associazione deve contenere l’indicazione di associazione di promozione sociale o l’acronimo APS.

Solo gli enti iscritti alla sezione dedicata del RUNTS potranno definirsi associazione di promozione sociale, utilizzare l’acronimo APS o parole/locuzioni equivalenti.

Il comma 2 dell’art.35 CTS prevede che non possano acquisire la qualifica di APS i circoli privati e le associazioni che dispongono limitazioni in relazione all’ammissione di nuovi soci.

Cosa è considerata una limitazione lo abbiamo spiegato in  questa risposta.

Questa disposizione è in linea con la normativa precedente e si basa sul principio per cui le APS devono garantire la libertà di ingresso (il principio cosiddetto della “porta aperta”).

 

Il numero minimo dei soci

Nel caso in cui, successivamente alla costituzione dell’ente, il numero degli associati dovesse scendere a meno di sette unità, esso deve essere integrato entro un anno.

Trascorso un anno senza integrazione, l’APS viene cancellata dal Registro Unico Nazionale del Terzo settore, a meno che non formuli richiesta di iscrizione in un’altra sezione del Registro.

 

Le attività: a favore di chi?

La principale differenza fra APS e OdV non sta nel tipo di attività che viene svolta (entrambe realizzano attività di interesse generale), ma nei soggetti a cui essa deve essere rivolta in maniera prevalente.

Mentre le APS devono svolgere l’attività prevalente (o esclusiva) nei confronti dei propri associati, le OdV devono svolgerla nei confronti dei terzi.

Sembra una differenza da poco, ma in realtà non lo è.

 

Il lavoro: soci o non soci?

Per legge le APS devono avvalersi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati o delle persone aderenti agli enti associati.

Possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando ciò sia necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità statutarie.

Ma attenzione: il Codice del Terzo Settore ha messo dei paletti molto chiari su questo punto: il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al 50% del numero dei volontari o al 5% del numero degli associati.

Altra novità importante da sottolineare: il CTS estende l’assicurazione obbligatoria ai volontari (non occasionali) di tutti gli ETS.

La normativa precedente invece prevedeva l’assicurazione obbligatoria solo per i volontari delle OdV.

Germana Pietrani Sgalla

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