Contributi pubblici: le regole per la pubblicazione online

Il termine per pubblicare i contributi pubblici ricevuti è scaduto il 28 febbraio scorso, ma il  D.lgs n.34/2019  ha cambiato le carte in tavola.

Vediamo cosa esattamente deve essere pubblicato, come e quando.

Il D.lgs n.34/2019, meglio noto come “Decreto Crescita”, ha modificato alcune delle norme che regolano la pubblicazione online dei contributi pubblici ricevuti.

Le modifiche in realtà non sono molte, ma sono degne di nota perché:

  • cambiano i tipi di entrate che vanno pubblicate online;
  • cambia la scadenza per effettuare la pubblicazione;
  • introducono le sanzioni per gli enti che non adempiono all’obbligo di pubblicazione.

Facciamo allora il punto su cosa esattamente deve essere pubblicato, quali enti sono tenuti a farlo, come e quando. Ma prima…

 

Riassunto delle puntate precedenti

Prima di partire in quarta, chiariamo da dove viene l’obbligo di cui stiamo parlando.

L’obbligo di pubblicazione online dei contributi pubblici ricevuti e di altre informazioni deriva dall’art.1 commi 125-129 della  L.124/2017.

Ne avevamo scritto l’anno scorso, riassumendo tutti gli adempimenti in tema di trasparenza e pubblicità ai quali sono tenuti gli enti non profit (per riprendere il filo del discorso può essere utile rileggere  quell’articolo).

Poi la  circolare n.2/2019  del Ministero del Lavoro ha fornito i chiarimenti affinché gli enti non profit potessero ottemperare a tale obbligo in maniera corretta.

 

Quali enti devono pubblicare i contributi pubblici?

Sono tenuti all’obbligo di trasparenza e pubblicità i seguenti soggetti:

  • imprese (comprese le imprese sociali, le società di capitali e le cooperative sportive dilettantistiche);
  • associazioni;
  • fondazioni;
  • ONLUS.

Le imprese possono assolvere all’obbligo inserendo le informazioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio.

Le associazioni invece devono pubblicare le informazioni sui propri siti o portali digitali.

Resta in dubbio se le associazioni che non sono Enti del Terzo Settore debbano aderire o meno (leggi le nostre conclusioni in fondo).

 

Quali contributi pubblici bisogna pubblicare?

Vanno pubblicati “le sovvenzioni, i contributi, gli incarichi retribuiti e comunque vantaggi economici di qualunque genere” ricevuti dalla Pubblica Amministrazione o da altri soggetti pubblici nell’anno precedente, se complessivamente maggiori di 10.000 euro.

La  circolare  del Ministero del Lavoro ha definito i contributi pubblici da pubblicare in:

  • servizi senza vincoli di corrispettivo;
  • a fronte dello svolgimento di attività o servizi.

Ha anche specificato che la pubblicazione online di tali contributi prescinde dal fatto che siano assoggettati a rendicontazione nei confronti dell’amministrazione erogante.

Il  Decreto Crescita  approvato recentemente ha tolto dall’elenco delle entrate da pubblicare quelle di natura corrispettiva, lasciando quelle di tipo sovvenzionale o contributivo.

Quindi non vanno pubblicati:

  • gli incassi derivanti da eventuali rapporti contrattuali con la Pubblica Amministrazione;
  • le erogazioni pubbliche di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria;
  • le agevolazioni fiscali.

Resta invece tuttora valido l’obbligo di pubblicare anche eventuali “vantaggi economici” non monetari.

Un “vantaggio economico” non monetario potrebbe essere, ad esempio, l’utilizzo di un immobile di proprietà pubblica in comodato o in concessione.

In questo caso il vantaggio economico può essere quantificato  in diversi modi.

Per quanto riguarda eventuali contributi ricevuti dal 5×1000, il Ministero del Lavoro con la  nota n.2106 del 26/02/2019  ha chiarito che fino all’emanazione del decreto attuativo sul 5×1000 previsto dal  Codice del Terzo Settore,  restano in vigore le norme previgenti.

 

Cosa e quando bisogna pubblicare?

Nel dettaglio per ciascuna sovvenzione bisogna pubblicare:

  • denominazione e codice fiscale del soggetto ricevente;
  • denominazione del soggetto erogante;
  • somma incassata per ogni singolo rapporto giuridico sottostante;
  • data di incasso;
  • causale (festival X, progetto Y, ecc.).

Attenzione: l’obbligo di pubblicazione parte quest’anno e varrà per tutti gli anni a venire (salvo future modifiche normative). Quindi è bene segnarlo tra le scadenze importanti.

In origine la scadenza era fissata al 28 febbraio di ogni anno, ma il Decreto Crescita ha spostato la scadenza al 30 giugno.

 

Dove bisogna pubblicare?

Gli enti non profit possono provvedere pubblicando i dati richiesti:

  • sul proprio sito internet;
  • sulla propria pagina Facebook (se sprovvisti di sito);
  • sul sito della  rete associativa  di appartenenza.

 

Controlli e sanzioni

Le amministrazioni preposte alla verifica del corretto adempimento all’obbligo di pubblicazione online dei contributi pubblici sono le stesse che hanno elargito i fondi ed i benefici oggetto della pubblicazione.

Il Decreto Crescita ha modificato anche il regime sanzionatorio introducendo una moratoria per il 2019 (quindi per la pubblicazione dei contributi dell’anno 2018).

Inoltre ha stabilito una graduazione delle sanzioni:

  • 1% dell’importo erogato (con un minimo di 2.000 euro) e la diffida ad adempiere entro 90 giorni;
  • decorsi 90 giorni si procede al recupero integrale del contributo.

 

In conclusione

Quando venne approvata la legge L.124/2017 scrivemmo che gli enti del Terzo Settore avrebbero dovuto cominciare ad abituarsi sia a valutare l’impatto delle attività realizzate che a comunicarle (con il racconto e con i numeri).

Quindi ben vengano norme che obbligano alla trasparenza e alla pubblicità, ma attenzione alla sovrapposizione di norme, adempimenti burocratici e scadenze.

Inoltre nel marasma in cui gli enti non profit sono costretti a lavorare (ed i loro consulenti come noi!), con regole che cambiano in continuazione e una riforma che a distanza di due anni dall’approvazione non è ancora conclusa, un dubbio sorge spontaneo.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha dichiarato che i destinatari della sua circolare sono gli Enti del Terzo Settore (ETS).

Quindi come devono comportarsi le associazioni che non possono/vogliono essere ETS, come ad esempio le associazioni sportive?

Visti i principi che sottendono la legge sulla trasparenza e pubblicità, noi consigliamo comunque a tutti gli enti non profit di attenersi a tale legge.

Vuoi maggiori informazioni su questo argomento? Vuoi sottoporci un caso specifico?  Scrivici.

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