La base associativa degli ETS

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è tornato a chiarire le modalità applicative del Codice del Terzo Settore, stavolta illustrando la composizione della base associativa degli ETS.

Con la  nota n.1082 del 05/02/2020  il Ministero ha risposto a due quesiti che riguardano:

  • la composizione della base associativa degli enti del Terzo Settore (ETS);
  • la possibile partecipazione delle imprese profit negli ETS.

Onde evitare fraintendimenti, chiarisco subito che per enti del Terzo Settore si intendono gli enti che si iscriveranno al  Registro Unico Nazionale del Terzo Settore,  quando sarà finalmente operativo.

In questo articolo descriverò quali erano i quesiti posti, quali sono le risposte date dal Ministero ed il loro impatto sugli enti non profit.

 

La composizione della base associativa

Il primo quesito era stato posto dalla Regione Piemonte, la quale chiedeva se gli ETS potessero contemplare all’interno della propria base associativa sia persone fisiche che soggetti collettivi.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha risposto riprendendo il principio sancito dall’art.1 del  Codice del Terzo Settore  di “autonomia delle formazioni sociali e di libertà associativa”.

Partendo da tale principio, ha precisato che “rientra nell’autonoma determinazione dell’ente l’individuazione dell’assetto strutturale ritenuto maggiormente idoneo ad assicurare il perseguimento, senza scopo di lucro, delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante l’esercizio, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale”.

In parole povere: l’ETS ha il diritto di organizzare la propria base associativa nella maniera che ritiene più idonea al raggiungimento degli scopi sociali descritti nel proprio statuto.

Di conseguenza, nella definizione della compagine associativa l’ETS può prevedere non soltanto persone fisiche, ma anche ETS o enti senza scopo di lucro.

 

Per le APS e le OdV valgono regole diverse

Attenzione però: il principio generale sopra esposto non vale per le associazioni di promozione sociale e le organizzazioni di volontariato.

Esse, al contrario degli altri ETS, hanno dei limiti sanciti dagli artt. 32 e 35 del Codice del Terzo Settore che prevedono:

  • il numero minimo di persone fisiche associate non può essere inferiore a sette (gli enti con meno associati   dovranno adeguarsi);
  • nel caso in cui sia previsto nello statuto la possibilità di associare enti del Terzo Settore o enti senza scopo di lucro, questi ultimi non possono essere in misura superiore al 50% rispettivamente delle OdV o delle APS aderenti.

Se non venissero rispettati i criteri sopra esposti verrebbero snaturate le caratteristiche delle OdV o APS, rendendo squilibrata la compagine sociale.

Per rendere più chiara la dinamica faccio un esempio: una APS oltre alle sette persone fisiche associa un numero indefinito di enti del Terzo Settore non APS, quali ad esempio OdV, imprese sociali, ecc.

In questo caso l’ente non avrebbe più – di di fatto – le caratteristiche di una associazione di promozione sociale, perciò dovrebbe richiedere l’iscrizione in altra sezione del Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Nella nota pubblicata il Ministero precisa che in questa fase transitoria le OdV e le APS già iscritte nei relativi registri possono adeguare i propri statuti e la composizione della propria base associativa, in vista della trasmigrazione verso il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Ma ciò è possibile solo se gli statuti attuali non sono apertamente in contrasto con la normativa previgente.

Le OdV e APS che non dovessero adeguare il proprio statuto prima di trasmigrare verso il Registro Unico, potrebbero vedersi negata l’iscrizione alle sezioni OdV e APS del Registro.

Resta salva naturalmente la possibilità di iscriversi in altra sezione del Registro Unico, se gli enti in questione hanno i presupposti per accedervi.

 

La partecipazione delle imprese profit negli ETS

Il secondo quesito era stato posto dal Forum nazionale del Terzo Settore, il quale chiedeva:

  • se gli ETS possono accogliere all’interno della propria base associativa delle imprese;
  • in caso affermativo, se queste ultime possono o meno detenere il controllo dell’ente;
  • se tale controllo può essere esercitato da un’unica impresa o eventualmente in forma congiunta.

Nella nota di risposta il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce un responso articolato, in base alla tipologia di ente oggetto del controllo.

 

Le imprese sociali

Per quanto riguarda le imprese sociali, il Ministero riprende quanto previsto dall’art.4 comma 3 del  D.Lgs 112/2017.

Quest’ultimo sancisce il divieto per le imprese profit di detenere la direzione, il coordinamento o comunque il controllo di una impresa sociale.

 

Gli altri Enti del Terzo Settore

Per tutti gli altri ETS invece, il Ministero prende a riferimento la  circolare n.38/E del 01/08/2011  dell’Agenzia delle Entrate.

Quest’ultima chiarisce che il Codice del Terzo Settore non esclude che le imprese possano assumere la qualifica di ETS.

Né esclude che possano esercitare sugli ETS forme di direzione, coordinamento e controllo.

Quindi le imprese profit possono:

  • costituire o partecipare successivamente alla base associativa degli ETS;
  • controllare un ETS, sia in forma singola che in forma congiunta tra due o più di esse.

La questione fondamentale, puntualizzata dal Ministero nella nota di risposta, è che l’ente non profit costituito rispetti comunque, sia nella forma che nella sostanza:

  • la natura e le finalità degli ETS;
  • il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • lo svolgimento in via esclusiva o principale di una o più attività di interesse generale (nelle forme proprie della tipologia di enti cui di volta in volta ci si riferisce).

 

Chi deve controllare?

Il potere di controllo spetterà:

  • agli uffici del RUNTS per gli aspetti attinenti alla sussistenza e alla permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Registro medesimo;
  • all’Amministrazione finanziaria per gli aspetti di natura tributaria, al fine di evitare un uso strumentale ed elusivo delle norme di vantaggio previste per gli ETS.

Vuoi maggiori informazioni su questo argomento? Vuoi sottoporci un caso specifico?  Scrivici

Germana Pietrani Sgalla

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